Ohohohoho, buuuuuum, ahahahahahahahahaha!

E niente, mi sa che sono caduto. Dal letto. Di testa.

È che me ne stavo in mezzo al lettone di mamma e papà che rotolavo tutto contento. Rotola di qua, rotola di là, spingiti in avanti, torna un po’ indietro, non mi ero accorto che il letto era finito. Sono passato dal morbido del piumone al duro pavimento: tutto, in meno di un secondo.

Non ho capito subito che cosa fosse successo: sentivo solo che mi faceva un po’ male la testa. Eh sì, perché sono atterrato dritto come uno spaghetto. In orizzontale, però. Neanche il tempo di capire, ed ero già per terra.

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Mi ci è voluto un attimo per rendermi conto che potevo piangere: mi sono guardato un attimo intorno, un po’ a destra e un po’ a sinistra, e ho deciso che era arrivato il momento di far capire a tutti che si, ero vivo; si, funzionava ancora tutto e si, mi ero fatto male.

Poi è arrivata la mamma, di corsa. Mi guardava con uno sguardo un po’ preoccupato e un po’ colpevole; quando mi sono messo a urlare, ha sorriso, mi ha preso in braccio e mi ha dato tanti baci.

Vanno bene i baci, ma ti sembra il caso di sorridere, mamma?

La signora Gisella

Io sono andato in montagna con la mia mamma e il mio papà e siamo stati in un posto con tante stanze e una cucina. All’ingresso di questa strana casa c’era la signora Gisella. Era seduta dietro un tavolo alto alto e lungo, tanto alto che si doveva alzare per parlare con le persone. Quando parlava al telefono no, allora poteva stare seduta.

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La signora Gisella ha i capelli corti e dei grandi occhiali colorati rosa. A me quelli occhiali piacevano tanto, avrei tanto voluto metterli in bocca e assaggiarli, ma non ci sono mai riuscito.
Mi salutava sempre tutte le volte che passavamo a trovarla con un grande sorriso. Anche io le ho fatto dei sorrisi, ma non sempre, perché sono un po’ timido. All’inizio soprattutto, con le persone che non conosco, non so bene come comportarmi: mi potrò fidare?

Però ho capito presto che della signora Gisella mi potevo fidare. Quando mi sono reso conto che stavamo partendo per tornare a casa, infatti, ho voluto salutarla anche io: mi sono fatto prendere in braccio e le ho dato un bel bacio sulla guancia. Ecco, forse l’ho sbavata anche un po’, la guancia della signora Gisella, però sono sicuro che non se l’è presa. Perché i baci dei bimbi sono sempre belli, vero?

Vacanza!

Ho imparato cosa sono le vacanze: quando la mamma prende dagli armadi i vestiti e li mette nella valigia e si va in un posto nuovo. O magari anche in un posto vecchio, che però non è la tua casa.

In questi giorni sono in vacanza in montagna con la mia mamma e il mio papà: sì, perché una cosa speciale delle vacanze è che il mio papà è sempre con me. Io sono contento che lui sia con me, anche se qualche volta mi fa un po’ arrabbiare perché vuole fare il capo.

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In questa vacanza dormiamo tutti e tre insieme in una stanza in una casa con tante stanze e una sola cucina: io ho un piccolo lettino colorato vicino ad un lettone grande che è quello in cui dormono mamma e papà. Io sono abituato a dormire da solo nella mia camera, per cui è un po’ strano stare con quei due che parlano e accendono la luce.

E poi vogliono riposarsi: ma come si fa a dormire con tutto quel rumore? E poi è chiaro che se loro sono svegli voglio stare sveglio anche io. Giusto, no?

Anche perché una cosa bella delle vacanze è che si possono fare tante passeggiate: finalmente poi hanno capito che io mi sono stufato di guardare loro quando sto seduto nel passeggino. Guardare il mondo che c’è davanti è molto più bello!

Ora ho visto che mamma ha tirato fuori di nuovo le valigie: facciamo un’altra vacanza?

La strada con le curve

Oggi siamo andati a fare una gita, io, la mamma e il mio papà. Abbiamo preparato tutte le nostre cose e siamo saliti in macchina; il papà davanti, io nel mio seggiolino e la mamma di fianco a me. Cinture allacciate e via!

La strada era tutta piena di curve: eh sì, perché siamo andati a fare una gita in montagna. Già la mamma e il papà litigano quando dobbiamo fare le strade dritte, figuriamoci quelle con le curve.

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Una cosa sola non è cambiata: vaipiano, attento, guardaquello, rallenta, nontidistrarre la mamma, mentre il papà chenoia, ufff, soiocosadevofare: questo è quello che dicono sempre. Ma sempre sempre sempre.
Se dobbiamo andare vicino o se dobbiamo andare lontano; se siamo da soli o se c’è anche qualche altra persona, nelle strade veloci e in quelle lente, di mattina e di sera. E poi, dopo che si sono detti queste cose, si arrabbiano: la mamma perché il papà non ascolta, il papà perché la mamma dice sempre le stesse cose.

Ma io dico: non si sono ancora stufati? Chissà se tutte le mamme e i papà sono così…

Ho conosciuto Shakira

Ieri ho conosciuto Shakira.

Sono andato a passeggiare in montagna con la mamma e il papà e siamo passati vicino ad una fattoria con gli animali. C’erano tante mucche grandi grandi che mangiavano tanto fieno per fare il latte. Io non l’ho ancora assaggiato, il latte delle mucche, ma dicono che sia buono; il formaggio invece mi piace molto, lo mangio nella pappa della sera.

E poi, dietro un angolo, c’era lei, Shakira.

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Era una mucca piccola, con il cappotto. Qui in montagna fa freddo: io ho la giacca, il cappello e sciarpa, quindi è giusto che Shakira abbia il cappotto. Se ne stava felice a prendere il sole, affacciata dalla finestra della sua casetta. Eh sì, perché ogni mucca piccola aveva la sua casetta, una vicina all’altra. Erano tutte in fila, dalla più grande alla piccola, che era nata qualche settimana fa, Shakira era nel mezzo, perché è più piccola anche di me.

C’erano anche Shaggi, Shanti e Satana, che aveva la faccia un po’ arrabbiata. E poi anche altre mucche piccole, ma non mi ricordo il nome di tutte.

Ma la mia preferita rimane lei, Shakira, la mucca pop.

La festa delle donne?

Cara mamma,

Oggi è la festa delle donne, mi hanno detto. Quindi è anche la tua. Io però non so se sia giusto farti gli auguri.
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No, non ti devi offendere, ora ti spiego. Allora: mi è chiaro che ci sono gli uomini e le donne, e pure che ci sono delle differenze. Per esempio, le donne diventano mamme; gli uomini, papà. Le donne cucinano e fanno la lavatrice, mentre gli uomini portano giù la spazzatura. Alle donne piacciono le borse e le scarpe, agli uomini le macchine e il calcio.

E anche: le donne possono mettere le gonne e pure i pantaloni, mentre gli uomini solo i pantaloni. È per quello che io non ho vestiti rosa con i pizzi, perché quelli li mettono le femmine. Oppure: le donne si dipingono i capelli, mentre gli uomini no; però gli uomini hanno la barba e i baffi, e le donne no. A parte qualcuna.

Oltre a questo, non mi sembra che ci siano altre differenze importanti. Sì, qualche altra piccola cosa, ma nulla di ché. E allora, io mi chiedo: se le differenze sono solo queste, perché festeggiamo le donne? E gli uomini? Non si potrebbe fare una festa per tutti e due, che tanto sono uguali? Perché forse non erano uguali, prima? O non lo sono neanche adesso?

Sai, mamma, io spero che, quando sarò grande, non ci sia più bisogno della festa della donna. Perché vorrà dire che non ci saranno davvero più differenze.

Ciuccio, usi creativi

C’è una cosa che proprio non riesco a capire: perché mai io dovrei usare il ciuccio, se ho le dita a disposizione? Con tutte quelle dita, poi: cinque dita per due mani fanno dieci dita, che sarebbero più che sufficienti. Ma quella lì non vuole, e mi obbliga ad usare il ciuccio. Allora io pensato che, con un po’ di fantasia, posso trovare il lato positivo della situazione.
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Eh si, perché ho scoperto che con il ciuccio si possono fare delle cose divertenti. Per esempio, si può mordicchiare l’anello, che aiuta un po’ con il prurito che fanno venire i dentoni che spingono per uscire. Oppure ci si può giocare mettendolo e togliendolo dalla bocca e facendolo passare da una mano all’altra, girandolo da tutte le parti.

Altrimenti, una cosa molto divertente è toglierselo di bocca e lanciarlo, il più lontano possibile. Ma il meglio è sputacchiarlo facendo le pernacchie, soprattutto se poi va a finire per terra.
Perché così c’è qualcuno che deve raccoglierlo, e nel frattempo io posso dare una ciucciatina al dito. Tanto ne ho dieci!

Laura, la dottoressa

Ieri sono andato da Laura, la dottoressa dei bambini, con la mia mamma e il mio papà. A me non piacciono tanto i dottori che si mettono quelle strane camicie lunghe e bianche perché fanno le punture, ma Laura è una dottoressa speciale. Lei si mette i jeans e la maglietta.

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Quando siamo arrivati mi ha salutato con un sorriso, poi mi ha subito fatto mettere nudo e mi ha misurato dappertutto. Mi ha fatto sdraiare sopra un metro e mi ha tirato le gambe per capire fin dove arrivavo: settanta centimetri, dai capelli ai piedoni. Poi mi ha messo sulla bilancia, seduto: nove chili, più o meno. Io però non stavo fermo e la bilancia continuava a cambiare idea. Comunque, nove chili prima della cena.

Mi sono rivestito e si è messa a guardarmi dentro le orecchie e dentro la bocca: chissà cosa pensava di trovare, forse le tracce di quel biscotto che ho mangiato per merenda, di nascosto. Alla mia età non si dovrebbero mangiare i biscotti, ma io qualche volta un pezzetto riesco a farmelo dare…

Come ultima cosa, abbiamo fatto un gioco un po’ strano: mi hanno messo a guardare il muro e mi facevano degli strani rumori vicino alle orecchie, per vedere se ci sentivo. Ma certo che ci sento, a me non sfugge nulla!

E comunque, anche per questa volta, me la sono cavata!